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La sanguinosa azione della marina israeliana, avvenuta questa notte contro il convoglio Freedom Flotilla, che si stava dirigendo verso la Striscia per forzare il blocco e portare aiuti umanitari, rompe ogni limite di legalità internazionale, superando anche ogni più negativa previsione sugli orientamenti del governo di Tel Aviv in merito alla questione palestinese. Che cosa può giustificare un assalto di questo tipo? Niente. Come niente giustifica l’assedio senza fine a Gaza, fino al rischio di sfinimento per carenze di ogni tipo dell’intera popolazione.
E come niente giustifica la spedizione punitiva contro Gaza di un anno e mezzo fa, denominata, dagli stessi autori dell’eccidio, come il titolo di un film horror, “Piombo fuso”. Meglio non dimenticare ciò che succede, la filiera delle cose che stanno dietro le cose. Le cose stanno insieme, anche per questo bisogna ricordare: per capire. Perché il contesto della sanguinosa azione di questa notte è lo stesso. E’ il groviglio di un conflitto senza fine che Israele non solo non ha intenzione – non ha mai avuto intenzione – di affrontare seriamente né tanto meno risolvere equamente ma del quale ogni giorno, con le scelte concrete dei suoi governi (quello in carica con lucida violenza) rende più difficile risolvere le contraddizioni e del quale non vuole proprio indirizzare positivamente gli esiti.
L’assedio inumano a Gaza sta a dimostrarlo. Punizione collettiva, anche questa, in altri modi, contro la popolazione civile, costretta a sopravvivere sotto la soglia di povertà e con inauditi livelli di disoccupazione permanente. Un assedio, come ha scritto Gideon Levy sul quotidiano israeliano Haaretz, pensato e organizzato contro tutta la Striscia, contro tutta la popolazione che vi abita e riguarda tutti gli aspetti della quotidianità. Si tratta infatti, spiega Levy senza giri di parole, di “un insieme di boicottaggi culturali, accademici, umanitari ed economici”.
Che dire, se non cominciare ad affrontare il tema del che fare come sinistra, di fronte a un problema di tal fatta? Lo scontro fino all’assalto in mare contro Freedom Flotilla, come pirati tecnologici in assetto guerra, gli uni, i militari israeliani, contro inermi trasportatori di aiuti umanitari, gli altri, i pacifisti di molti paesi del mondo, con i morti e i feriti che ne sono seguiti, è l’ultima conferma di una situazione esplosiva. Gli aspetti di inumanità, di cui Gaza, con la sofferenza dei suoi abitanti, parla, cominciano a parlare a molti, sollevano interrogativi e preoccupazione non solo tra pacifisti, donne e uomini di buona volontà, ong e quant’altro, ma anche presso governi e cancellerie.
E attivano crescenti preoccupazioni politiche sulle sorti complessive di quell’area del mondo, da sempre al centro delle preoccupazioni, mettendo anche in movimento nuove strategie, come dimostrano gli ultimi indirizzi del governo turco di Erdogan in merito alla questione palestinese e alla politica di Israele. Oggi le ambasciate e i governi sono in fibrillazione, ovviamente. Proteste, convocazione di ambasciatori, preoccupazioni. Anche le dichiarazioni di Hamas che prendono di mira le ambasciate Israeliane non possono che aggravare la situazione e richiedono il massimo di capacità di intervento politico della comunità internazionale. La Farnesina ha informato che tra i pacifisti italiani che partecipavano alla missione umanitaria non ci sono né morti né feriti. Tempestivo e professionale come sempre il team dell’Unità di crisi della Farnesina. Una risorsa per il Paese. Ma non può certo bastare.
Ci aspettiamo che il governo italiano faccia sapere al Paese la sua opinione sulla vicenda, che il ministro degli Esteri riferisca in Parlamento, che l’ambasciatore israeliano venga invitato a un confronto diplomatico. E che si cominci a trovare la strada dell’assunzione di responsabilità in tutte le sedi in cui l’Italia può, quella europea e quella Onu in particolare, affinché si tenti tutto ciò che è tentabile, intanto per rompere subito l’inumano assedio alla Striscia di Gaza, per ristabilire un contesto di obblighi internazionali con cui il governo di Israele debba misurarsi. Su tutto ciò che riguarda quel conflitto. Compreso l’assalto di questa notte. Dove si vuole arrivare?
Noi saremo in piazza, oggi alle ore 17,00 a Piazza San Marco a Roma davanti alla sede dell’Onu.
Un presidio permanente in ogni città. Di questo ci sarebbe intanto bisogno.
Elettra Deiana
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GAZA
Assalto israeliano alla nave dei pacifisti
19 morti, tensione tra Tel Aviv e Turchia
La marina abborda in acque internazionali una nave turca della "Freedom Flotilla", organizzata dalle Ong e carica di aiuti. Ankara protesta, poi ritira il proprio ambasciatore in Israele. A Istanbul in migliaia contro il consolato di Tel Aviv. Onu, convocato il Consiglio di sicurezza
GAZA - Medio Oriente in fiamme, alta tensione attorno alle ambasciate di Israele e Onu in fibrillazione dopo la morte di 19 membri della Freedom Flotilla, convoglio di Ong in navigazione verso le acque territoriali di Gaza con un carico di aiuti umanitari, uccisi nella notte durante l'abbordaggio ad opera di commandos israeliani. Secondo Al Jazeera, sei vittime sono di nazionalità turca, per Al Arabiya i turchi sono nove, mentre gli altri attivisti uccisi sono di origini arabe. Vi sarebbero anche 26 feriti, di cui uno grave, mentre l'esercito israeliano parla di quattro soldati feriti. La Farnesina conferma la presenza di italiani a bordo ma esclude che ve ne siano tra le vittime.
Teatro dell'accaduto una nave turca, la "Mavi Marmara", obiettivo del blitz portato dai commandos di Tel Aviv tra le 4,30 e le 5 del mattino a circa 75 miglia dalle coste israeliane. Che l'incidente sia avvenuto in acque internazionali è l'unico elemento in comune tra le versioni dell'accaduto fornite dai responsabili di Freedom Flotilla e le fonti della difesa di Tel Aviv, che ha imposto la censura ai media d'Israele. Cosa abbia indotto i militari israeliani ad aprire il fuoco contro i militanti delle Ong è tutto da chiarire. E non sarà facile, visto il reciproco scaricabarile in cui si sono prodotte in queste ore le parti in causa. Dopo l'assalto, le navi di Freedom Flotilla sono state dirette verso i porti israeliani di Haifa e Ashdod.
In passato, le missioni pacifiste non erano mai riuscite a oltrepassare il blocco israeliano attorno alle acque territoriali di Gaza. Questa volta la situazione è precipitata finendo in un "massacro", come denuncia il presidente dell'autorità palestinese Abu Mazen, che ha indetto tre giorni di lutto nei territori. Fonti della difesa israeliana descrivono "spari dalla nave" contri i commando che si apprestavano a salirvi a bordo, "passeggeri armati di coltelli" che tentano di strappare le armi ai soldati". "Di fronte alla necessità di difendere la propria vita, i soldati hanno impiegato dei mezzi anti-sommossa e hanno aperto il fuoco" è la prima, logica conclusione delle autorità militari israeliane. Più tardi, di fronte alle proteste, nelle piazze come nelle sedi diplomatiche, il generale Avi Benayahu, portavoce dell'esercito israeliano, ammette che l'operazione si è svolta in acque internazionali e ricorda che dal 1993, anno degli accordi di Oslo, Israele ha mantenuto il controllo delle acque territoriali a largo della striscia di Gaza per una distanza di 20 miglia. "Capire le dinamiche dell'incidente è fondamentale per attribuire le colpe" l'ultima parola del generale, che dice di ignorare da chi sia partito l'ordine di sparare. Nel frattempo, il ministero degli Esteri fa sapere di aver trovato armi a bordo della Flotta.
"E' una bugia, non abbiamo aperto il fuoco" la secca replica di Greta Berlin, leader del Free Gaza Movement, una delle Ong che ha organizzato la flottiglia della pace. Ma ben presto è chiaro che il vero braccio di ferro di Israele non è con i pacifisti, ma con la Turchia, anche perché tra le vittime pare vi sia un deputato turco. Un confronto duro, che avviene mentre i leader dei due paesi sono lontani. Il premier israeliano Benjamin Netanyhahu viene richiamato in patria dal Canada, prima tappa di una visita in Nord America, ma decide di non annullare l'incontro previsto domani con il presidente Usa Barack Obama. Il primo ministro Tayyip Erdogan è impegnato in un viaggio ufficiale in America Latina.
Ad Ankara, mentre il vicepremier Bulent Airnc tiene una riunione di emergenza con, tra gli altri, il ministro dell'Interno, il comandante della Marina e il capo delle operazioni dell'esercito, viene convocato l'ambasciatore israeliano Gaby Levy al ministero degli Esteri per denunciare un attacco "inaccettabile", dalle "conseguenze irreparabili" e per annunciargli una "perentoria reazione". In particolare, all'ambasciatore le autorità turche chiedono la consegna al più presto dei cittadini turchi rimasti feriti. Poi il governo di Ankara rompe le relazioni con Tel Aviv e richiama in patria il suo ambasciatore. Il tutto mentre almeno 5mile persone si ritrovano a Istanbul tra il consolato di Israele e la centralissima piazza Taksim in segno di protesta, con la polizia che fatica a contenere la rabbia popolare. A quel punto, Israele chiede ai propri cittadini presenti in Turchia di lasciare immediatamente il paese e di rientrare in patria per non esporsi a ritorsioni.
La protesta esplode anche nelle piazze palestinesi, in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. A Gaza City, chi attendeva al porto l'arrivo delle navi con gli aiuti passa dalla speranza alla rabbia, gruppi di manifestanti sempre più numerosi cominciano a radunarsi in centro, soprattutto dopo l'appello di Hamas all'intifada contro tutte le ambasciate di Israele nel mondo e dopo l'invito del capo del governo "di fatto" di Gaza, Ismail Hanyeh, a dar vita a una "giornata della collera" contro "i crimini sionisti". Quando si diffonde la voce che nell'assalto dei commandos israeliani è rimasto gravemente ferito lo sceicco Raed Sallah, leader del Movimento islamico nel Nord di Israele che vive a Um el-Fahem, la polizia eleva lo stato di allerta nelle zona del Wadi Ara (60 chilometri a nord di Tel Aviv). In Giordania, alcune centinaia di manifestanti chiedono l'immediata chiusura dell'ambasciata israeliana ad Amman. Tafferugli anche in Israele, all'Università di Haifa, la più multietnica fra le maggiori città, fra studenti arabi ed ebrei.
Il tutto mentre a Teheran il presidente Ahmadinejad lancia nuovi anatemi di fuoco contro la violenza dei sionisti e un centinaio di persone si ritrova davanti agli uffici dell'Onu gridando "morte a Israele". Le notizie allarmano il Palazzo di Vetro. Così, mentre il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon condanna l'azione militare di Israele, il Consiglio di sicurezza annuncia una riunione straordinaria in giornata per affrontare la situazione.
(31 maggio 2010)
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5:04 31 MAG 2010
(AGI) - Gerusalemme, 31 mag. - Reparti speciali israeliani hanno attaccato in acque internazionali una delle navi della flottiglia pacifista intenzionata a forzare il blocco navale su Gaza per portare aiuti umanitari. Il bilancio e' ancora incerto, una tv israeliana ha riferito di 19 pacifisti uccisi e e 26 feriti. Anche cinque incursori israeliani sono rimasti feriti. Israele sostiene che i militari hanno risposto al fuoco dei pacifisti e che sulle navi sono state trovate armi. Ma un filmato contrasta con questa spiegazione.
La Turchia, cui appartiene la ong che ha organizzato la missione, ha convocato l'ambasciatore israeliano, ha annullato tre esercitazioni militari congiunte con Israele e ha minacciato "conseguenze irreparabili". La Lega Araba in tutta fretta ha convocato per domani una riunione. Il suo segretario generale, Amr Mussa, ha definito l'assalto israeliano un "crimine" che mette a rischio il negoziato di pace. Il presidente palestinese, Abu Mazen, che ha decretato tre giorni di lutto nei territori palestinesi, ha parlato di "massacro".
Hamas ha minacciato una intifada contro tutte le ambasciate israeliane nel mondo.
Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon ha detto di essere "sconvolto". Il Libano, che questo mese presiede il Consiglio di Sicurezza, ha chiesto una riunione d'emergenza.
Il Vaticano ha espresso "grande preoccupazione e dolore". Ma e' tutto il mondo diplomatico in fibrillazione. Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini ha deplorato "in modo assoluto l'uccisione di civili", ha sollecitato l'apertura di un'indagine e ha chiesto spiegazioni all'ambasciatore israeliano.
L'Ue ha sollecitato "un'inchiesta completa". Proteste sono arrivate anche dai governi di Grecia, Spagna, Svezia, Norvegia, Danimarca, Austria, Francia, Egitto, che hanno convocato gli ambasciatori israeliani accreditati. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy ha parlato di "uso sproporzionato della forza".
Il suo ministro degli Esteri, Bernard Kouchner, ha aggiunto che "nulla puo' giustificare una tale violenza".
La Gran Bretagna ha invitato alla calma, la Germania ha chiesto un'inchiesta "trasparente". Per ora la Casa Bianca si e' limintata a esprimere "profondo rammarico" per la perdita di vite umane, in attesa di conoscere le "circostanze dell'accaduto".
I media turchi hanno mostrato le immagini dell'assalto alla 'Mavi Marmara'. I pacifisti, in tutto 750 di 40 nazionalita', tra cui tre italiani, a bordo di quattro unita', sostengono che l'assalto e' scattato nonostante fosse stata esposta una bandiera bianca. L'operazione e' avvenuta 40 miglia dalla Striscia di Gaza, in acque internazionali.
I pacifisti sono stati trasferiti in un centro di detenzione nel porto di Ashdod, da qui saranno espulsi o arrestati se rifiutano di andarsene. Tra di loro vi sono anche due deputate tedesche della Linke. Le autorita' israeliane avevano proposto di scaricare gli aiuti umanitari in uno dei porti israeliani, con l'assicurazione che sarebbero poi stati trasferiti a Gaza. Ma gli attivisti hanno rifiutato perche' l'obiettivo della missione era quello di rompere il blocco militare sulla popolazione palestinese. (AGI) .