giovedì 17 giugno 2010

assalto alla flottilla








Gaza - Infopal. Le autorità d'occupazione israeliane continuano a trattenere gli aiuti trasportati dalle navi della Freedom Flotilla, attaccata in acque internazionali il 31 maggio con un'azione di pirateria condotta dalla Marina israeliana.

Israele ha esposto all'Onu la sua intenzione di consegnare gli aiuti alla Striscia di Gaza attraverso il valico di Kerem Abu Salim, nel sud della Striscia, senonché quegli aiuti non sono ancora arrivati alla gente che li aspetta.

Distruzione degli aiuti

Ma non basta. Secondo testimoni oculari tra gli abitanti del Negev, gli israeliani stanno distruggendo molti di questi aiuti.

Il cittadino A.M., residente nel Negev, ci ha contattato per riferirci che nei giorni scorsi gli occupanti israeliani hanno distrutto buona parte degli aiuti contenuti nelle navi rubate. Ciò sarebbe avvenuto a Duda'im, a sud di Rahit, nel Negev, dove gli aiuti sono stati sotterrati assieme ai rifiuti ordinari.

Pare infatti che decine di camion siano stati caricati con gli aiuti della Flotilla (carrozzelle elettriche, giocattoli, oltre agli effetti personali dei partecipanti che sono stati rubati dai militari), e tutto sarebbe stato gettato in una fossa scavata appositamente.

Un operaio del porto di Ashdod - dove sono state condotte con la forza le navi, dopo il massacro di vari partecipanti e il ferimento di molti altri - ha detto che sono state asportate le batterie delle sedie a rotelle. Le sedie sono state poi ammucchiate per poi essere distrutte.

Promesse mediatiche e basta

Hatim 'Uwaida, funzionario presso il ministero dell'Economia a Gaza e portavoce dell'Ente per i valichi, smentisce che gli aiuti siano stati portati a Gaza da parte di Israele, che adesso è solamente preoccupato di calmare l'opinione pubblica mondiale dopo l'atto di pirateria contro la Flotilla.

'Uwaida ci conferma che le voci secondo cui Israele ha distrutto la gran parte degli aiuti sono vere: "Anche in tv abbiamo visto svuotare e distruggere il contenuto delle navi della Flotilla, al porto di Ashdod, specialmente le carrozzelle e i giocattoli".

Pertanto il responsabile del ministero dell'Economia di Gaza, ribadendo il dovere di Israele, che era quello di consegnare gli aiuti, si è rivolto all'Onu: "Che fine hanno fatto le migliaia di tonnellate di materiali da costruzione, le medicine, le carrozzelle e le case prefabbricate?".

Avvertimento dell'Onu

Intanto l'Unrwa afferma che la crisi umanitaria a Gaza si sta aggravando sempre più e che anche con gli aiuti che dovessero arrivare essa non si risolverà. Bisogna, invece, che finisca l'embargo.

La situazione - sostiene l'Unrwa - non può andare avanti in questo modo, quindi le autorità d'occupazione devono aprire i valichi in maniera completa e permanente facendo entrare nella Striscia le merci e i materiali di cui la gente ha bisogno, specialmente quelli da costruzione per poter ricostruire ciò che è stato distrutto dall'aggressione israeliana della fine del 2008.

Israele, pochi giorni fa, aveva "acconsentito" all'ingresso nella Striscia di Gaza di materiali prima vietati col pretesto che verrebbero usati per fabbricare armi. Si tratta di merci come la marmellata, lo halawa (un dolce tipico mediorientale, ndr), la maionese ed alcune spezie, e piccole quantità di cemento e ferro per l'Unrwa.

(Foto: carrozzelle a motore per disabili, in attesa di essere caricate nella nave cargo della FF)


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Detenuti amministrativi, i fantasmi di Israele “Un massacro mentale contro i diritti umani”Condividi
Oggi alle 14.00



Il caso è stato sollevato dalla Ong israeliana B'Tselem. Per il governo questa misura detentiva viene usata quando non c'è “alternativa”


Hanno nomi, volti, famiglie, storie. Eppure sono come fantasmi: tenuti dietro le sbarre senza che nessuna accusa sia mai stata formalmente contestata loro. Li chiamano “detenuti amministrativi”, e nello stato di Israele sono 222. A ricordare al mondo la loro esistenza è il rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi appena pubblicato da B’Tselem, autorevole Ong israeliana. A raccontare al mondo che cosa significhi vivere in cella senza che nessuno ti spieghi il perché è il giornalista palestinese Ali Jaradat, 55 anni, 11 dei quali passati in un carcere israeliano.

“La vita di un detenuto amministrativo è come la pietra di Sisifo. Un’assurdità”, dice Jaradat al quotidiano Yedioth Ahronoth. In uno solo dei periodi di detenzione, l’uomo ritenuto portavoce del Fronte Popolare per la Liberazione dei palestinesi, ha conosciuto il motivo del suo arresto. E ogni volta che finivano i sei mesi “legali” di carcere detentivo, gliene venivano comminati altri sei. “È un massacro mentale. Non sai come difenderti contro un’accusa che non conosci. E non sai quando e se sarai rilasciato”.

Secondo il ministero della Giustizia israeliano, la detenzione amministrativa è una misura presa quando non c’è alternativa, e viene usata in modo “cauto”, tanto che il numero dei “fantasmi” è ai minimi dal 2001. B’Tselem conferma il calo dei prigionieri amministrativi, ma lo attribuisce a quello delle violenze nell’area. E accusa: questo tipo di detenzione “danneggia seriamente i diritti dei detenuti”. Basti pensare che 25 di loro sono rimasti in carcere senza accuse tra 2 e 4 anni. E uno per più di 4 anni e mezzo.

Quella della detenzione amministrativa non è l’unica violazione dei diritti umani sottolineata nel rapporto, che pure indica come, dopo l’operazione Piombo Fuso a Gaza (1.390 morti palestinesi, almeno 759 dei quali civili, come Ruwahiya a-Najar, 47 anni, uccisa e lasciata a morire in strada il 13 gennaio 2009 benché sventolasse una bandiera bianca) la situazione stia migliorando. In un anno i palestinesi uccisi sono stati “solo” 83, 20 di loro minorenni, 31 di loro estranei a ogni ostilità. Le case demolite dagli israeliani sono state 92 (nessuna nel 2010), mentre 44 sono i checkpoint nella West Bank. Molti gli episodi di campi palestinesi distrutti da coloni israeliani, discriminazioni ai posti di blococ, di restrizioni al movimento nei Territori. La Striscia di Gaza rimane sotto embargo, e il 70% degli 1,5 milioni di palestinesi che vi vivono basa la propria esistenza sugli aiuti internazionali. “Il blocco all’importazione di materiale da costruzione”, scrive B’Tselem, “impedisce la ricostruzione delle 3.500 case distrutte durante l’operazione Piombo Fuso del gennaio 2009”. Anche le case di Gaza rimangono abitazioni di fantasmi.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/06/21/detenuti-amministrativi-i-fantasmi-di-israele-un-massacro-mentale-contro-i-diritti-umani/
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Pietro Falco

14 giugno alle ore 17.25

PER 2.000 anni gli ebrei hanno conosciuto la forza della forza solo sotto forma di frustate ricevute sulla schiena. DA VARI decenni abbiamo noi il potere di usare la forza.


Ma è un potere che a lungo andare ci ha inebriato. A lungo andare immaginiamo di poter risolvere qualunque problema cui andiamo incontro usando la forza. A chi ha in mano un martello, dice il proverbio, ogni problema sembra un chiodo. Prima che venisse fondato lo stato di Israele vasta parte della popolazione ebrea in Palestina non capiva che la forza ha dei limiti e pensava di poterla usare per realizzare qualunque obiettivo.

Fortunatamente nei primi anni di Israele leader come David Ben-Gurion e Levi Eshkol compresero molto bene i limiti della forza e furono attenti a non superarli. Ma dalla guerra dei sei giorni del 1967 la forza militare è diventata una fissazione per Israele, un mantra: dove non si riesce con la forza si riesce con più forza. L' assedio israeliano alla striscia di Gaza è una delle conseguenze negative di questo modo di pensare. Nasce dal falso presupposto che Hamas possa essere sconfitta con la forza delle armi, o in senso più lato, che la questione palestinese possa essere stroncata invece di risolverla. Ma Hamas non è solo un' organizzazione terroristica. Hamas è un' idea.

Un' idea disperata e fanatica nata dalla desolazione e dalla frustrazione di molti palestinesi. Nessuna idea è mai stata sconfitta con la forza - né con l' assedio, i bombardamenti, i commando della marina. Nessuna idea si spiana con i cingoli dei carrarmati. Per sconfiggere un' idea bisogna proporre un' idea migliore, più accattivante, più accettabile.

L' unico modo che Israele ha per vincere su Hamas è stringere rapidamente un accordo con i palestinesi sull' istituzione di uno stato indipendente in Cisgiordania e nella striscia di Gaza in base ai confini stabiliti nel 1967, con capitale a Gerusalemme est. Israele deve firmare un accordo di pace con Mahmoud Abbas e il suo governo e ridurre così il conflitto israelo-palestinese ad un conflitto tra Israele e la striscia di Gaza.

Quest' ultimo conflitto può essere risolto, infine, solo negoziando con Hamas o, cosa più ragionevole, tramite l' integrazione del movimento di Abbas, Fatah, con Hamas.
Israele può sequestrare altre cento navi dirette a Gaza, inviare altre cento volte truppe di occupazione nella striscia, dispiegare a oltranza le sue forze militari, di polizia e i servizi segreti , ma non riuscirà a risolvere il problema. Il problema è che noi israeliani non siamo soli in questa terra e che i palestinesi non sono soli in questa terra.

Noi israeliani non siamo soli a Gerusalemme e i palestinesi non sono soli a Gerusalemme. Finoa quando noi, israelianie palestinesi, non accetteremo le conseguenze logiche di questo semplice dato di fatto, vivremo in perenne stato d' assedio-Gaza sotto l' assedio di Israele e Israele sotto l' assedio internazionale e arabo. Non sottovaluto l' importanza della forza. La forza militare è vitale per Israele. Senza non potremmo sopravvivere un solo giorno. Guai al paese che sottovaluti l' efficacia della forza.

Ma non possiamo permetterci di dimenticare neppure per un momento che la forza serve solo come misura di prevenzione - per impedire che Israele venga distrutto e conquistato, per proteggere le nostre vite e la nostra libertà. Qualunque iniziativa che preveda un uso della forza non come mezzo di prevenzione, di autodifesa, ma per stroncare i problemi e soffocare le idee, condurrà a nuovi disastri, come quello che ci siamo cercati in acque internazionali, in alto mare, di fronte alle rive di Gaza. ©Amos Oz 2010 Traduzione di Emilia Benghi - AMOS OZ

http://www.repubblica.it/2006/05/gallerie/esteri/attacco-gaza-2/1.html?ref=search